La massima concentrazione sonora si trova nel Silenzio.
Lì tutto ciò che canta, cioè ogni atomo visibile o invisibile, trova la sua espressione ultima. Dal Big Bang al Silenzio, e viceversa, c’è solo un attimo e tutti i suoni che dall’inizio della Creazione al suo riassorbimento sono stati, sono e saranno, esistono sottilmente nel Silenzio prima di esplodere contemporaneamente nel Big Bang. Ma poiché Suono è Creazione, nel Suono Primordiale che ora chiamiamo Big Bang tutta la Creazione è presente.
Così questa iniziale compresenza dei suoni in un Suono Primordiale si dispiega nell’Infinito come successione spaziale e temporale, ma non perde mai, in nessun caso, la Sua natura di Unità oltre lo spazio e il tempo che fa sì che qui, nello spazio e nel tempo, vi siano una connessione e una relazione di interdipendenza tra ogni suono, vale a dire tra ogni essenza che appare nella Creazione.
Come viviamo noi, Esseri Sonori, questa Verità celata alla nostra mente di superficie?
Esseri Sonori, sì, che abbiamo perduto l’Ascolto e la Voce e che siamo convinti di essere i produttori del suono che emettiamo quando invece ne siamo il prodotto, e che crediamo, quando ascoltiamo un suono, di ascoltare “altro” da noi, quando invece quel Suono è in nostro stesso Suono che ci parla dagli altri esseri (o cose, come diciamo spesso; in realtà esseri solo apparentemente inanimati).
Alla base della manifestazione materiale tutte le Cosmogonie pongono il Suono, la Voce che crea, il Canto che forma, e la Musica delle Sfere è più di una favola a cui potevano credere solo le menti “non ancora sviluppate” degli Antichi. Noi, che invece abbiamo sviluppato la mente così bene, non sentiamo più la Musica delle cose.
A tutti i livelli il Suono crea. Lo sapevano coloro che calmavano le fiere col suono della lira, lo sapeva Orfeo che con la musica ha vinto gli Inferi e riportato Euridice tra i viventi (il Femminile tratto dal Subcosciente), lo sapeva chi scriveva nell’antichità che l’AUM è il più potente mezzo per raggiungere la Liberazione, lo sapevano i Greci antichi che alla base della stabilità e del benessere dello Stato ponevano i canti, i quali erano costruiti, nei modi e nei ritmi, secondo leggi immutabili che, se fossero cambiate, avrebbero a lungo andare distrutto le fondamenta dello Stato stesso. A titolo di curiosità ascoltate le musiche che vanno per la maggiore oggi e osservate come gli Stati funzionano. Tutto questo era risaputo e praticato.
Ma anche il contrario è vero. Il Suono può distruggere. Lo sapevano coloro che hanno abbattuto le mura di Gerico con le trombe, lo sapevano e lo sanno gli strateghi militari di ogni tempo, che fanno cantare i soldati secondo ritmi e melodie che risvegliano ardore guerresco e una sorta di insensibilità al sangue e al dolore, proprio e altrui.
Lo sapevano le bande militari austriache e russe che nell’ottocento usavano suonare inni militari con un diapason a 445-450 hertz perché avevano notato che tale accordatura (quella usuale ai tempi era 432-435) aumentava l’eccitazione dei soldati. E lo sapeva Joseph Goebbels quando, nel 1939, “suggerì” alla Conferenza Internazionale di Londra di adottare, come LA universale, i 440 hertz… che ora, in molte orchestre è già diventato 442-444.
Lo sapevano anche coloro che, tra le due guerre, sperimentarono un cannone ad infrasuoni in grado, secondo loro, di distruggere edifici per un largo raggio. Però lo sapevano solo parzialmente, perché sospesero i loro esperimenti per un fatto imprevisto: poiché le onde sonore si propagano sfericamente, non riuscirono a trovare il modo di proteggere l’operatore che manovrava tale cannone. Dopo che un paio di essi morirono con tremende lesioni interne abbandonarono il progetto.
Nei meandri della mente razionale che abbiamo sviluppato così bene non c’è più posto per il Suono, solo per suoni che passano, per creare divagazioni un po’ più piacevoli di quelle ossessive di cui siamo autori e vittime. Il suono è diventato divagazione, sottofondo, svago, puro chiasso.
Occorre che l’Uomo Sonoro ritrovi il Suo potere creativo che si esprime nell’Ascolto e nella Voce, occorre che senta il Suono della Vita sgorgare dentro di Sé, occorre che riscopra le innumerevoli relazioni armoniche tra gli esseri e gli eventi, che ascolti la Musica della Creazione sgorgare dentro e fuori di sé. Occorre che la Sua Voce ritrovi la forza del Canto che crea e che senta la possibilità di creare il Bello, il Vero e il Giusto, come retaggio inalienabile della Sua Vera Natura.
È per questo che parliamo di Presenza Armonica.
Quando si dice Canto Armonico troppo spesso si dice che qualcuno canta gli armonici, il che vuol dire che l’io è in primo piano. Io produco gli armonici perché ho imparato una tecnica che mi permette di farlo. Io miglioro la mia voce grazie agli armonici che emetto, e che creo personalmente, e quindi esprimo me stesso in questa pratica. Posso fare incredibili acrobazie vocali, armonici vanno e vengono come gli angeli lungo la Scala di Giacobbe, sono miei, li ho creati io.
Quando si dice Presenza Armonica, il canto è l’inevitabile conseguenza di un’apertura interiore verso ciò che c’è già. Non sono più io a produrre il Suono, il Suono mi attraversa e mi ri-crea. Rendendomi disponibile a servire la Vita in quanto Suono, entro in ciò che mi trascende e sparisco in esso, Voce che viene da ogni parte, non localizzata. Gli Armonici allora sono manifestazioni preesistenti del Suono Originario che sorgono dal mio Puro Ascolto e che fluiscono in quella che non è più la “mia” Voce.
L’infinità della Serie Armonica e la sua incredibile profondità formale e creativa dovrebbero bastare a farci capire che nessun “io” razionale può creare ciò che lo trascende in tal modo.
A cominciare dai suoni intrauterini fino al suono dell’ultimo rantolo, la nostra vita è permeata di Suono e noi passiamo attraverso di Esso con l’Ascolto chiuso, sigillato, senza mai intendere la Musica della Vita. Ascoltare significa “Essere Ascolto”, strumento che risuona, vibrando consapevolmente al Soffio dell’Infinito, accettare di “sparire” per essere strumento docile nelle mani del Cantore.
Immaginatevi se uno strumento volesse a tutti i costi emettere la “sua” musica, invece di lasciarsi suonare dal musicista! Così, “in Ascolto”, troviamo la nostra Voce, che in realtà non avevamo mai perduto, ed Essa ci ricorda chi siamo veramente, da dove veniamo e dove andiamo, scopriamo che la Verità del nostro Essere è tale, nella Libertà, quando smettiamo di voler cantare le “nostre” note e ci apriamo alle note dell’Infinito.
D’altra parte il termine “persona”, tra le varie etimologie proposte, ne ha anche una sonora: il latino “per-sonare”, cioè “risuonare attraverso”.
Credo che una profonda meditazione su questo significato renda superflue altre parole.
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Stella dice
Grazie mille Roberto. Ci hai offerto ancora una volta informazioni, riflessioni e spunti molto interessanti. L’importanza fondamentale dell’ascolto, e, per converso, la nostra diffusa incapacità ad “attuarlo”, (ma anche questo verbo è sbagliato, sarebbe meglio forse dire “esserlo”) mi fa pensare a certe tecniche di “ascolto passivo” che vengono insegnate e messe in pratica nei cosiddetti “Centri di ascolto”. Penso a sistemi di risposta ideati e descritti, con tanto di procedura, che esortano a ripetere solo l’ultima parte della frase detta dall’interlocutore per dargli l’impressione di star seguendo il suo discorso e di partecipare al suo dolore (tipicamente sono le tecniche usate nei vari Telefoni Amici e simili) mentre l’operatore deve sempre mantenere il massimo distacco e la più totale impersonalità. Magari l’orecchio fisico di chi ha chiamato si sente anche capito e compreso, ma l’Io profondo, come può non cogliere questa silenziosa dissonanza? Già una società che ha bisogno di un Telefono Amico non è una società sana, ma una società che volutamente pratica l’Inascolto, è votata all’autodistruzione. Occorrerebbe sostituire quell'”in” con un primigenio “Ur” e tornare allo stato primordiale, dove tutto era Suono e tutto era Uno.
Grazie.