(Questo articolo è dedicato a chi chiama un centro yoga e chiede se può frequentare lo stesso anche se non l’ha mai fatto prima, oppure se è abbastanza bravo per partecipare alla lezione delle 19:00)
Ogni tanto suona il telefono, ed è: “Salve, sono un praticante di yoga avanzato”.
Tra le frasi che ci mettono in imbarazzo, questa occupa sicuramente i primi posti, in primo luogo perché non abbiamo un corso per praticanti di yoga avanzati (abbiamo, per chi lo vuole, delle ore di meditazione e di prāṇāyāma, ma nessuna dicitura che assicuri lo scatto di livello). In secondo luogo, perché riteniamo che un praticante di yoga veramente avanzato, se esistesse qualcosa di simile, non direbbe mai “Sono un praticante di yoga avanzato”, per cui ci domandiamo chi davvero ci sia dall’altra parte del telefono.
Il problema è, nello yoga, definire cosa sia un praticante avanzato. È forse qualcuno che si allunga di più e fa posizioni ‘avanzate’? (Se la risposta è sì, si veda il post scriptum #2). Qualcuno che trattiene il respiro per tanto tempo? Qualcuno che conosce gli Yoga Sutra a memoria o sa recitare un mantra per molte ore? Oppure qualcuno che manifesta poteri psichici o particolari doti di santità e autocontrollo, ammesso e non concesso che la nostra idea di santità corrisponda a quella di uno yogi?
Nessuno può saperlo. Abbiamo visto le stesse persone eseguire il pavone nel loto e non riuscire a stare sedute per pochi secondi in silenzio. Abbiamo visto altri rimanere immobili per ore come dei Buddha imbalsamati e, una volta terminata la pratica, finire preda dei demoni più insidiosi, come ad esempio ritenersi praticanti avanzati.
Se volessimo tenere per buona la dicitura, allora per praticante avanzato ci verrebbe in mente qualcuno che si senta sempre un principiante, anche compiendo le tecniche più elementari. E soprattutto che sappia anche abbandonare le tecniche quando serve. Qualcuno che abbia una certa familiarità – se così si può dire – con il ‘non so’. Qualcuno per cui non sia un problema trovarsi in sala con principianti assoluti o con un emulo di Iyengar – e, magari, che riesca a essere da ‘traino’ in entrambe le eventualità proprio con la consapevolezza della propria ignoranza.
In altre parole, non abbiamo corsi per praticanti di yoga avanzati perché è impossibile distinguerli da quelli alle prime armi. E forse è inutile, se non deleterio.
Ma a questo punto si impone la domanda: perché un praticante di yoga avanzato sente il bisogno di frequentare un corso per praticanti avanzati, invece di dedicarsi allo studio e alla pratica individuale, magari coltivando un rapporto uno-a-uno con un insegnante che ritenga degno (vero salto di qualità, che peraltro risponderebbe a un metodo più tradizionale di trasmissione)?
La risposta è semplice: perché il pesce puzza dalla testa. Perché qualcuno, un insegnante, un guru, una scuola, gli ha detto che è un praticante intermedio, avanzato, supremo; e che meriti di stare con i suoi pari; e, soprattutto, che i progressi nello yoga siano misurabili e certificabili attraverso riconoscimenti esteriori e la misurazione dei propri attributi.
Le ragioni di ciò possono essere varie, e vanno dalla mera esigenza di organizzare la didattica (comprensibile, ma basandosi su criteri che non hanno valore assoluto), alla più opinabile tendenza a standardizzare, gerarchizzare, protocollare e multilivellare per produrre in serie praticanti, insegnanti e certificati che spesso hanno molto meno valore di una tessera sanitaria.
Il problema è che il miglior modo di castrare qualcuno è dirgli che è un praticante di yoga avanzato. Per questo, per non fare torto a nessuno elevandolo o affossandolo ingiustamente, da noi non ci sono praticanti avanzati ma solo e soltanto allievi alle prime armi, che non sanno e, si spera, sanno di non sapere. E abbiamo l’onore di annoverare tra questi ultimi gli insegnanti stessi.
Post scriptum #1
A scanso di equivoci, a volte occorre molto studio e molta pratica per sapere di non sapere.
Post scriptum #2
Nello yoga posturale moderno, la prestanza fisica è il principale fattore nel sentirsi adeguati/arrivati o inadeguati/incapaci, ed è forse il più discutibile. A parte tanti bei discorsi sull’accettazione di sé e sull’inclusività, rimane il veicolo con cui insegnanti e praticanti pubblicizzano sé stessi, spesso nell’ottica volontaristica e motivazionale tipica della cultura fisica: fatti un mazzo così, e diventerai come me se lo vuoi (ne abbiamo già parlato in un altro articolo, a cui rimandiamo per una disamina).
Ci vengono allora in mente queste foto di Swami Sivananda di Rishikesh, che pure ebbe un ruolo chiave nel creare lo yoga moderno posturale. Dicono che fosse un grande yogi (qualunque cosa possa voler dire). Eppure, secondo alcuni criteri, sarebbe stato a malapena in grado di frequentare una classe per principianti.
Giovanni dice
Namaste, pratico da 4 anni…e mi sento come un bimbo di 4 anni…ho conosciuto per caso questo mondo bellissimo…ho avuto la fortuna di conoscere questa filosofia bellissima e il mio percorso è solo al inizio…essere uno yogi avanzato…è un altra faccia del ego….quindi….non servono altre parole…
Credo che se non c’è una base di umiltà…è meglio andare a fare Zumba…
Grazie per questo spunto dì riflessione….
Namaste…
Serena dice
Mi trovo completamente d’accordo.
Pensare che dopo tre mesi di pratica si sia arrivati ad un livello avanzato e pretendere dall’insegnante che distingua le lezioni (come succede nella palestra dove vado) separando gli avanzati dai principianti è alquanto ambizioso.
Parlare durante tutta la pratica come se si fosse al parco senza che l’insegnante ci inviti alla tranquillità, è irrispettoso.
Ma, giustamente, lo sbaglio è mio che continuo a seguire quelle lezioni 😀