Matsyendrāsana è una delle āsana archetipiche dello yoga: non a caso è dedicata alla figura semi-leggendaria di Matsyendra, considerato uno dei capostipiti della tradizione dello haṭhayoga. Qui è presentata la sua forma parziale, Ardha Matsyendrāsana (la versione completa contempla una gamba in semiloto).
Perché la posizione non si limiti alla superficie, occorre dimenticarsi di ‘stirare’ o tirare la schiena utilizzando le gambe o le braccia come leva (il che produrrebbe un eccesso sollecitazione nella zona dorsale). Le anche, le spalle, la gamba a terra sono a riposo: il loro attivarsi al di là dello stretto necessario segnala il limite oltre cui non forzare.
E allora come entrare in questa posizione? Nel Chuang-Tsu, il macellaio dell’Imperatore non consumava mai il filo del proprio coltello perché penetrava l’animale seguendone gli interstizi. Allo stesso modo, in Matsyendrāsana occorre muoversi verso la torsione del tronco andando e venendo più volte in forme parziali, alla ricerca della linea di non resistenza del corpo, prendendo familiarità con le sensazioni più sottili.
Per questo, prima ancora di sistemare le braccia oltre la gamba sollevata abbracceremo il ginocchio senza tirarlo a noi, prima ancora di toccare il ginocchio proveremo a sentire la sua vicinanza al busto, prima della posizione eretta proveremo con diverse inclinazioni del tronco la sua docilità nel seguire il movimento, prima ancora di rivolgere il tronco verso la coscia sollevata ve lo abbandoneremo sopra, prima di avvicinarci alla gamba sentiremo il peso che dal bacino scivola verso la coscia a terra.
Questo permetterà alla posizione di stabilirsi senza creare altre tensioni, di collegare alto e basso con un movimento a spirale il cui punto di partenza potrà essere percepito ben al di sotto del contatto al suolo. E permetterà, infine, di sperimentare la dimensione più profonda dell’āsana: stare, senza bisogno di altro.
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