Ovvero come tendiamo a dare per irrealizzabili eventi che potrebbero essere vicini come la nostra vena giugulare, complicandoci la vita perché qualcuno ci ha fatto credere che l’unica cosa a cui potessimo ambire fosse qualche strana posa.
Spesso sembra che fare yoga richieda di destreggiarsi su molteplici fronti: dalla cura (a volte maniacale) del corpo al rapporto con le emozioni, dall’alimentazione all’attenzione per il pianeta, dalla ricerca del benessere alla lotta contro i segni dell’età…
In questa sovrapposizione di mezzi, fini, sottoprodotti e persino di effetti collaterali, si perde facilmente di vista il nocciolo della questione.
Nocciolo che Patanjali enuncia senza tanti preamboli nel secondo sutra:
Yoga è la cessazione delle fluttuazioni della mente
Ora, si è soliti considerare quanto sopra un obiettivo molto lontano, addirittura fuori portata. In realtà lo è finché intendiamo ‘cessazione’ come un’azione (come se si potesse fermare a mani nude o bloccare la mente) e non come uno stato che si verifica da sé.
Uno stato che può essere indirettamente favorito e preparato (ad esempio ‘rimuovendo le chiuse’), ma non determinato da ciò che facciamo. Anzi, a volte, come ben sappiamo, l’eccessiva insistenza verso un risultato e l’eccessiva enfasi sui mezzi può essere controproducente.
Dunque, che cos’è yoga e cosa non lo è? Patanjali elencava otto ausiliari, ma la sua non è l’unica codificazione e soprattutto dobbiamo cogliere il cuore della questione.
Yoga è tutto ciò che favorisce e ci educa a riconoscere questi momenti di cessazione delle fluttuazioni. A volte in modo imprevedibile o per apparente contrasto: per alcuni, ad esempio, anche nel cuore di una violenta emozione si può trovare lo slancio definitivo verso la pace. (Del resto, non affrontiamo forse considerevoli fatiche per goderci meglio il riposo?)
Perciò ben venga la cura per il corpo e per il benessere, ben vengano le capovolte e le spaccate, ben venga l’attenzione all’alimentazione e alle conseguenze delle nostre azioni, ma c’è un limite oltre il quale ciò chiamiamo yoga perde il suo cuore.
Il limite si supera quando questi strumenti diventano importanti in sé e non per la sfumatura di silenzio che può farci apprezzare; quando ognuna di queste attività e abilità diventa un fronte in più da tenere aperto; quando ancora una volta finiamo per credere che ci manchi qualcosa per essere completi, senza cogliere lo schema che si ripete; quando ci perdiamo nelle periferie; quando cioè lo Yoga si trasforma nel suo opposto, ovvero in un continuo agitare le acque.
Qualcuno dirà, ma questo è il mercato: farti sentire un bisogno che non sapevi di avere. E forse ha ragione. Tuttavia crediamo che sia possibile anche altro da questa sistematica sottovalutazione (e svalutazione) delle possibilità di ogni essere umano.
Stare in equilibrio sulla testa forse non è alla portata di chiunque e non è nemmeno consigliabile a tutti. Invecchiare è inevitabile, così come essere travolti, a volte, dalle emozioni.
Ma non esiste essere senziente a cui non sia data la possibilità di sperimentare, almeno una volta – magari per caso e forse per sbaglio – la cessazione delle fluttuazioni della mente e del cuore.
Yoga è farne un’arte e coltivarla.
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