Una corda vibra nell’Infinito.
L’Infinito stesso si manifesta come corda vibrante nel Suo desiderio di manifestazione.
L’atto del pizzicare la corda è l’atto iniziale della Creazione, e subito la corda inizia a muoversi sinuosamente, secondo movimenti, curve e nodi che tessono la trama di una struttura preesistente nell’Idea, ma che si manifesta in una sconfinata varietà di toni, di vibrazioni e di intervalli tra di essi. La loro perenne interazione dilaga creando interminabili combinazioni che si traducono in forme perennemente evolventesi da se stesse.
Ma il tono è anche numero, frequenza, ritmo, e la struttura si manifesta come concatenazione, interazione e rapporto tra numeri viventi che fluiscono in un’ Armonia che svela a poco a poco la sua preesistente perfezione. Tale perfezione non è statica, ma dinamica. Il tono o numero fondamentale 1 dà una stabilità basilare che permette ai toni o numeri che sorgono da esso di manifestarsi nelle più varie combinazioni senza perdere il punto di riferimento, l’Origine su cui poggia la Manifestazione.
Il fenomeno della serie dei suoni armonici che si generano da una corda in vibrazione (ma anche da una colonna d’aria, da una membrana e, sostanzialmente, da ogni mezzo in grado di produrre suono) è la manifestazione materiale di tale struttura preesistente e si esprime attraverso il suono, il numero e la misura nei vari regni della Natura. In modo intuitivo noi parliamo di Armonia quando percepiamo dei rapporti che rientrano tra quelli Armonici, anche se tale affermazione andrebbe ampliata ad altre considerazioni che qui non possono essere sviluppate.
La complessità, la bellezza e la profonda intensità di tale struttura può essere solo sfiorata in uno scritto come questo; basti dire che:
- in una nota fondamentale tutte le altre sono racchiuse,
- all’interno di tale serie non esistono, tra due armonici vicini, due intervalli simili e
- tale serie è potenzialmente infinita.
Il senso dell’Udito è quindi molto di più di un senso materiale utile per difendersi dai pericoli che si possono riconoscere da suoni o rumori: si tratta di un senso che percepisce rapporti tra toni, numeri e che li veicola in sensazioni animiche. Considerare ovvia tale affermazione è il modo migliore per non capire l’eccezionale portata di una funzione che, se osservata con attenzione, appare nella sua sbalorditiva unicità. Frequenza vibratoria, numero, tono musicale e percezione animica coincidono in una facoltà interiore che si chiama Ascolto e che ha in sé una finezza nel riconoscere i rapporti che nessun altro senso possiede.
Nell’ascolto, per esempio, di una 5a DO-SOL, uno degli intervalli fondamentali in tutte le tradizioni musicali, l’orecchio non si accontenta di un’approssimazione, ma pretende il rapporto perfetto tra le due frequenze. Trattandosi del 2° (DO) e del 3° (SOL) armonico della fondamentale 1 (DO) esse hanno una frequenza tripla (SOL) e doppia (DO) della fondamentale, perciò il rapporto di 5a DO-SOL è 3/2.
Se una delle due note è solo di poco calante o crescente, vale a dire se il rapporto 3/2 non è preciso, l’orecchio avverte e comunica all’anima una sensazione di disagio che si traduce come dissonanza. Questa capacità dell’udito è tutt’altro che ovvia ed apre a considerazioni vastissime. Mi limito a far notare che se si entra in una stanza di 3×2 m. e una delle dimensioni è di poco sbagliata, per esempio 2,90×2, l’occhio non può accorgersene se non misurando la stanza con un metro.
Ascolto e Voce sono gli strumenti che l’uomo ha a disposizione, in un corpo vibrante, per manifestare il Suono della Creazione. La complessità e la finezza degli organi di percezione sonora e di fonazione (che non a caso sono strettamente interconnessi anche fisiologicamente) mettono in condizione l’uomo di con-vibrare e di manifestare il Suono creatore.
Solo un ascolto superficiale e unidimensionale ci può far credere che il suono della nostra voce sia piatto, banale, insignificante. In realtà la nostra voce (non quella di un altro, proprio la nostra) è lo strumento che abbiamo a disposizione per manifestarci come esseri sonori e armonici, anche se si dovrebbe parlare di uno strumento più ampio, che si può indicare come Ascolto-Voce che in effetti risultano essere indivisibili.
I Greci usavano i termini “aesthesis” (visione) e “akròasis” (audizione) come opposti e complementari. Oggi il primo ha preso il sopravvento sul secondo ed è, credo, necessario che il cercatore della Conoscenza sviluppi l’akròasis, intesa come “ascolto del mondo”. Allora l’inscindibilità dei due termini Ascolto-Voce può essere compresa, così come la stretta interdipendenza fisiologica dei loro organi fisici.
Con il termine Canto Armonico si intende generalmente un insieme di pratiche vocali atte a “produrre” i suoni armonici con la voce.
Tale visione è estremamente parziale e superficiale. Anzitutto perché, come abbiamo visto, gli armonici non possono essere “prodotti”, in quanto elementi di una struttura preesistente; a rigore di termini e più corretto dire che noi siamo i prodotti degli armonici! Poi perché la abituale attitudine egoica di porsi al centro dell’universo con tutto il resto come contorno fa sì che si vedano i suoni armonici come opportunità di “esibizione”, di “bravura” e di “vantaggi” che si possono ottenere praticandoli. Un simile approccio non può che appartenere a una spiritualità spuria e superficiale di cui, ahimè, abbiamo abbondanti esempi dovunque.
L’akròasis, o “Presenza Armonica”, ci fa sentire quanto i suoni armonici di quella che chiamiamo “la mia voce”, siano già presenti in essa, così come in tutti gli altri suoni, e quindi la voce si mette al servizio di tale struttura profonda. Allora, nel canto individuale e corale, improvvisando in un ascolto senza barriere, vengono alla luce mandala sonori di insospettata bellezza, intensi e prolungati, di cui i partecipanti non sospettavano la presenza prima di lasciarli emergere.
L’ascolto si apre, la voce si arricchisce di vibrazioni, la coscienza canta ciò che la costituisce: vibrazione pura, suono, numero. E l’anima sente l’intensità di tali forze in azione vivendo un senso di spaziosità, di armonia non cercata, ma trovata dove meno se l’aspettava: in se stessa. Si scopre poi che le dissonanze, lungi dall’essere il contrario dell’Armonia, ne fanno parte, come intervalli disagevoli e faticosi, ma che, ascoltati con fiducia e attenzione, si rivelano come passaggi verso altre armonie non ancora percepite.
Tale scritto non può che essere un primissimo scorcio su qualcosa di estremamente vasto e profondo, qualcosa che però, nel nostro essere, tutti noi siamo. Lasciamo che tutto ciò risuoni della nostra anima.
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