È uno dei temi che infiamma i dibattiti e contrappone fazioni irriducibili, spesso senza possibilità di dialogo e altrettanto spesso con pesanti pregiudizi da entrambe le parti. In realtà, nel mondo medico è in atto da lungo tempo (forse da sempre) un sofferto incontro-scontro tra paradigmi e culture diverse, che ha prodotto una lunga serie di definizioni ed etichette, costantemente imperfette.
[Foto: TheAlieness GiselaGiardino²³]
La medicina in crisi
È innegabile che da diversi anni vi sia un notevole interesse del mondo Occidentale verso tutto ciò che riguarda la cultura Orientale. Questo ha portato spesso ad uno scontro culturale che si manifesta in molti campi del sapere e del vivere quotidiano e la medicina o in generale tutto ciò che riguarda la salute non fa certo eccezione.
Prima tuttavia di affrontare una lunga e articolata analisi critica di questo conflitto tra la cosiddetta medicina “ufficiale” , cioè propria del mondo Occidentale e quelle “alternative” è sicuramente necessario fornire dei chiarimenti sulle definizioni e i tentativi di categorizzazione di queste due discipline.
Innanzitutto il termine medicina (dal latino mederi cioè curare) definisce la scienza che ha per oggetto lo studio, la cura e la prevenzione delle malattie. Può sembrare curioso che nonostante una definizione così precisa e completa ci si ostini ad accompagnarla ad altri aggettivi (ufficiale, alternativa,integrata) che non fanno altro se non in definitiva sminuirla e creare inutili divisioni al suo interno.
Tuttavia, come vedremo in dettaglio in seguito, questo è dovuto principalmente ad una profonda crisi, che colpisce indistintamente la medicina ufficiale e anche quelle alternative nel loro rapporto con le rispettive Tradizioni e le rispettive radici epistemologiche.
Il secondo concetto imprescindibile prima di affrontare un argomento così delicato riguarda la definizione di salute, e in particolare quella fornita dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) che è la seguente:
Stato di benessere fisico, psichico e sociale, complessivo, e non di semplice assenza di malattia cui possono concorrere anche approcci diagnostico terapeutici differenti, che tengano conto di tutti gli aspetti dell’uomo, compresi quelli non riconducibili a schemi predefinibili relativi a salute e malattia.
World Health Organization, WHO definition of health
Quindi la salute, svincolandosi dal meccanicistico e riduttivo concetto di assenza di malattia si inserisce in una visione che implica la presa in considerazione anche di aspetti emotivi e mentali a cui si può arrivare anche con approcci non necessariamente propri ed esclusivi della medicina ufficiale.
Ma ad oggi su quali principi o paradigmi si basa la medicina ufficiale?
Intanto chiariamo cosa si intende per medicina ufficiale. È sostanzialmente la medicina che viene insegnata nelle università e praticata negli ospedali del Mondo Occidentale e che segue un paradigma scientifico. Per questo è stata anche definita “dotta” o scientifica, oppure allopatica (dal greco ἄλλος, diverso, e πάθος, sofferenza), termine originariamente coniato da Hahnemann, indicando una metodica principalmente votata alla cura del sintomo piuttosto che alla causa profonda di malattia.
Tale ultima definizione ad oggi è usata principalmente dai sostenitori degli approcci alternativi per indicare in senso dispregiativo l’approccio scientifico ufficiale. In realtà in un documento dell’OMS del 2000 viene usato proprio il termine “allopatico” per distinguere la medicina occidentale dagli altri approcci ( World Health Organization 2000: General guidelines for methodologies on reasearch and evaluation of traditional medicine, Geneva, WHO, 2000).
Il paradigma su cui si poggia la medicina ufficiale è quello del metodo scientifico galileiano caratterizzato dal principio di observatio-ratio. La modalità tipica infatti con cui la scienza procede per raggiungere una conoscenza della realtà oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile consiste, da una parte, nella raccolta di evidenza empirica misurabile attraverso l’osservazione e l’esperimento; dall’altra, nella formulazione di ipotesi e teorie da sottoporre nuovamente al vaglio dell’esperimento.
Uno dei punti basilari è la riproducibilità degli esperimenti, ovvero la possibilità che un dato fenomeno possa essere riproposto e studiato in tutti i laboratori. L’evoluzione di questo paradigma ha raggiunto verso la fine del XX° secolo il concetto di Medicina Basata sull’Evidenza (Evidence based Medicine) che, citando Sackett, uno dei suoi fondatori, « è il processo della ricerca, della valutazione e dell’uso sistematici dei risultati della ricerca contemporanea come base per le decisioni cliniche» (Sackett DL, Rosenberg WMC, Gray JAM, Haynes RB, Richardson WS. Evidence based medicine: what it is and what it isn’t. BMJ 1996; 312: 71-2.).
L’EBM ad oggi è diventata il perno culturale ed epistemologico su cui si poggia la medicina ufficiale. Infatti essa non solo definisce le metodiche della ricerca, ma definisce anche il processo di trasferimento dei risultati ottenuti appunto tramite la ricerca alla pratica clinica. Per intenderci l’obiettivo finale del processo EBM è di creare delle linee guida relative ad ogni aspetto della medicina che forniscano al medico il miglior razionale diagnostico/terapeutico sulla base dei dati empirici ottenuti tramite la ricerca.
Questo approccio alla salute e alla malattia è ormai parte fondamentale del bagaglio culturale di ogni medico operante nell’ambito della medicina ufficiale, in quanto si ripercuote anche sulle modalità di insegnamento accademico e quindi indirettamente anche sulle modalità con cui il futuro medico approccerà qualunque nuova problematica clinica non ancora definita dal paradigma EBM.
…e le medicine ‘alternative’?
Avendo chiarito, si spera almeno in parte, alcuni concetti indispensabili seguiteremo affrontando invece le varie definizioni e appellativi con cui si è cercato di definire tutto ciò che è medicina, ma che al contempo risulta alieno al contenitore “ufficiale”.
Queste discipline sono state chiamate nel tempo in tantissimi modi diversi: alternative, complementari, integrative, tradizionali, non ortodosse, olistiche, naturali, dolci. Nel successivo articolo vi sarà un’interessante descrizione “cronologica” di queste definizioni. Adesso semplicemente ci limiteremo a definire soltanto i tentativi di classificazione e le principali definizioni.
La scienza in generale e la medicina ufficiale usano per definirle il termine CAM (Complementary and Alternative Medicines). Data l’enorme varietà e diversità di tecniche e pratiche esistenti classificare tutto ciò che rientra nelle CAM. Un tentativo è stato fatto dal National Center for Complementary and Alternative Medicine (www.nlm.nih.gov/nccam/) negli Stati Uniti suddividendole in 5 categorie:
- SISTEMI MEDICI ALTERNATIVI – sistemi di medicina tradizionale (ayurveda, MTC, sciamanesimo), naturopatia, omeopatia
- INTERVENTI SULLA RELAZIONE MENTE-CORPO (cromoterapia, biofeedback, Qi Qong, floriterapia, musicoterapia, meditazione)
- TERAPIE BIOLOGICHE (fitoterapia, integratori, diete)
- METODI MANIPOLAZIONE del CORPO (osteopatia, chiropratica, shiatsu, riflessologia plantare, tecniche posturali)
- PRATICHE BASATE su FONTI di ENERGIA (bioenergetica, reiki, pranoterapia, fototerapia, magnetoterapia)
Interessante ricordare che per l’importanza socio-culturale e i milioni di individui nei rispettivi stati che si approcciano alle medicine Tradizionali l’OMS le ha classificate con la seguente definizione:
la somma di conoscenze, abilità e pratiche basate su teorie, credenze ed esperienze appartenenti a differenti culture, spiegabili o meno, usate per il mantenimento della salute, come pure per la prevenzione, la diagnosi e la cura di malattie fisiche o mentali.
World Health Organization 2000: General guidelines for methodologies on reasearch and evaluation of traditional medicine, Geneva, WHO, 2000
Tuttavia i modelli teorici che stanno alla base degli approcci diagnostico-terapeutici delle pratiche comprese nelle CAM sono talmente eterogenei da rendere praticamente impossibile l’identificazione di caratteristiche che le possano accomunare. In questo contesto una possibile definizione potrebbe essere la seguente:
Con medicine complementari e alternative si intende un insieme vasto di pratiche già disponibili, anche se più o meno estesamente utilizzate, le cui basi teoriche si riferiscono a contesti esplicativi diversi da quelli intrinseci al sistema sanitario di riferimento in un particolare momento e all’interno di una specifica società.
In altri termini, queste pratiche non sono integrate nel modello di cura dominante, in quanto in contraddizione con diversi principî di ordine culturale, economico, scientifico, medico e formativo.
Tuttavia, venendo al sodo, il concetto di alternatività è dato più da come chi le utilizza si pone nei confronti della medicina ufficiale. Infatti un principio fondamentale che viene poco considerato è che la differenza tra alternativo o complementare è data solo dall’intento di chi pratica questo tipo di tecniche, cioè o in contrapposizione alla medicina ufficiale, oppure in un’ottica di apparente dialogo e integrazione.
Seguendo questo ragionamento vedremo come è stato coniato l’ultimo termine in ordine cronologico con cui sono state definite queste discipline, cioè medicina integrata. Citando un articolo del BMJ del 2011
La medicina integrata è praticare la medicina in modo da incorporare elementi delle pratiche complementari ed alternative nei piani preventivi e terapeutici, a fianco dei più solidi metodi diagnostici e terapeutici ortodossi.
(Rees L, Weil A. Integrated medicine. BMJ. 2001 Jan 20;322(7279):119-20)
Ad oggi è la definizione imperante e che ha raggiunto anche la dignità “scientifica”, guadagnandosi una sua categoria ufficiale tra gli argomenti oggetto di pubblicazioni scientifiche in ambito bio-medico (Integrative Medicine – Isi Web Journal).
Conclusioni
Cosa emerge da questi tentavi di classificare e definire tali approcci? Onestamente una grande confusione. Un punto sicuramente risulta chiaro anche al lettore profano: la definizione perfetta non esiste, e quindi come vedremo vari Organi anche istituzionali hanno cercato di ‘arrangiarsi’ nel migliore dei modi.
L’OMS per esempio ha adottato la seguente definizione:
la somma di conoscenze, abilità e pratiche basate su teorie, credenze ed esperienze caratteristiche delle differenti culture, utilizzate a scopo preventivo, diagnostico e curativo per il miglioramento o il trattamento di malattie sia fisiche che mentali
World Health Organization 2000: General guidelines for methodologies on reasearch and evaluation of traditional medicine, Geneva, WHO, 2000[
Anche il parlamento Europeo la ha adottata (risoluzione n. 75/1997), come il Consiglio d’Europa (Risoluzione n. 1206/1999) e non ultima anche la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, Chirurghi e Odontoiatri.
Tale definizione appare meno carica di valenze ideologiche sia positive che negative, riconosce la convenzionalità di quella ufficiale, legittimata dal metodo scientifico e definisce dei corpus medici che sono solo al momento al di fuori dei sistemi sanitari e dell’insegnamento ufficiale accademico (ma vedremo che in realtà non è proprio così…).
Ma in realtà sono convenzionali o lo sono state in altri tempi e luoghi e basti pensare alla Cina o all’India in cui miliardi di persone ne usufruiscono o all’Omeopatia che in Occidente si contendeva con la nascente biomedicina sui sistemi sanitari Europei e Nordamericani.
Poste quindi le basi teoriche per proseguire il discorso, nel prossimo articolo ci addentreremo nella dimensione ed evoluzione del rapporto tra questi due paradigmi.
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